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Per Salvatore Camilleri la poesia siciliana non è stata un hobby o un interesse particolare, è stata tutta la
sua vita e il suo modo stesso di essere. Ad essa, senza rimpianti, ha sacrificato sogni e ambizioni; per essa ha lavorato, anteponendole tutto. Cercò di liberarla dalle
facili cadenze e dalle incrostazioni letterarie, ma senza atteggiamenti rivoluzionari, senza pose da piromane. Di questo suo lavoro disse: "Ho cercato nella poesia
l'unica verità possibile e, giacché le parole dell'italiano erano incrostate e cristallizzate, le ho cercate nel siciliano che lasciava ampie zone al maggese, alla
ristrutturazione. Bisognava inventarsi un nuovo linguaggio e la mia ricerca, di un linguaggio nuovo interiormente siciliano, fu la prima che si ebbe in Sicilia".
Le
sue idee si sono fatte strada, lentamente, ma con penetrazione continua, senza chiasso ma con più consapevolezza. Cercò, al rinnovamento anteriore, di accompagnare uno
esteriore, ma anch'esso importante per liberarci dalla vecchia nomenclatura botanica, per far tesoro del lessico della nostra fauna.
Nella poesia di Salvatore Camilleri,
per dirla con le parole del poeta Santo Calì, "cinguettano, gridano, schiamazzano, stridono a lungo, sfrecciano e volteggiano alati d'ogni sorta"; l'aciddazzu
varbutu e quello d'acqua, il rapinu e l'airuni cinnirusu.... e insieme alla nuova, o rinnovata, fauna poetica una nuova, o anch'essa rinnovata, flora ricoprì le
montagne e le pianure dell'isola. E sono calìppisi e durbi, giummari e pigni marini, carrubbi e ervajanca, jirmanu e nzalori. Ogni nome ha la sua pregnanza
poetica in irreversibilità di valori semantici. Alla maniera delle querce e delle cinciallegre del Pascoli o dei cavalli di luna e degli uccelli acquatici di Salvatore
Quasimodo. Quella del Camilleri è stata una voce che affondava le sue radici nella viva realtà d'intellettuale siciliano. Un canto cui la letteratura ha offerto spunti
pienamente assimilati e rielaborati, e soprattutto ha suggerito quel linguaggio da koinè che è il solo spazio espressivo possibile quando si voglia sollevare a
dignità lirica la vissuta realtà dialettale di un mondo chiuso e speranzoso come quello siciliano.
È stato il maggior esponente del Trinacrismo fondato nel 1944
insieme a Mario Biondi, Enzo D'Agata e Mario Gori (all'anagrafe Mario Di Pasquale). Il gruppo pubblicò anche una rivista, La Strigghia.
Docente, scrittore
e poeta, è stato collaboratore del Corriere di Sicilia, attraverso cui rivalutò i poeti siciliani del Cinquecento e del Seicento, e di altre riviste di poesia siciliana
tra cui Arte e Folklore di Sicilia. Nel 1952 si trasferì a Vicenza e nello stesso anno pubblicò l'Antologia del sonetto siciliano. Dieci anni dopo tornò a Catania e
successivamente pubblicò anche un libro di ortografia siciliana (1976) e un'altra antologia, nel settembre del 1979, questa volta di "Poeti siciliani contemporanei".
Lo stesso anno pubblica il saggio "La rinascita della poesia siciliana". Nel biennio 1979/80 collabora con la stazione radiofonica culturale "R.T. Trinacria" e
ininterrottamente per cinquanta settimane svolse per argomenti cronologici la "Storia della Poesia Siciliana". Nel 1989 pubblica il "Manifesto della nuova poesia
siciliana" a distanza di 44 anni dal "Manifesto" della poesia siciliana datato 1945; dieci anni dopo pubblica un vocabolario Italiano-Siciliano. Per la sua attività
ricevette molti premi: tra tutti ricordiamo il "Premio Aitnen", il "Premio Una vita per la Cultura" e il "Premio Sikania", conferiti a Camilleri dall'Accademia
Federiciana. Nel 2001 fa parte della giuria del premio "Turi Lima". Dal 2008 (anno della sua fondazione) fece parte del comitato di redazione di Sicelides Musae.
Opere: Sangu pazzu, 1966; La barunissa di Carini, 1971; Ortografia siciliana,1976;
Sfide, contrasti, leggende di poeti popolari siciliani, 1977; La rinascita della poesia siciliana, 1979; Il Ventaglio -Vocabolario Italiano-Siciliano, 1999.
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