Quest'anno si è festeggiato il 77° anniversario dello Statuto Siciliano. Riproponiamo lo scritto del dott. Salvatore Riggio Scaduto, già magistrato di cassazione, spentosi il 13/01/2015. Tutti indistintamente i partiti italiani, tutti gli studiosi e gli uomini di cultura siciliani si accordarono all'unisono alle parole festaiole, sprecate per la fausta circostanza. Sono certo, però, che solo pochissimi siciliani, tra quelli comunque che non contano e che non hanno possibilità di far sentire la loro flebile voce attraverso i mezzi di comunicazione di massa, hanno considerato con amarezza sprecati i settantasette anni trascorsi perché, purtroppo, nessun articolo qualificante dello Statuto Siciliano ha potuto sino ad oggi trovare attuazione.
Quando la Sicilia venne costituita in Regione autonoma con decreto legislativo 15 maggio 1946 n. 455 tutti si autoproclamarono madri o padri dell'Autonomia a secondo dei loro rispettivi sessi fisiologici, tutti si attribuirono il merito di tale conquista, ma i lunghi settantasette anni trascorsi hanno inequivocabilmente provato che la gratuita autoattribuzione di paternità o di maternità non era altro che un fraudolento tentativo di alterazione di stato. La prova inconfutabile di tale affermazione è data dal fatto che lo Statuto è rimasto completamente inattuato nei suoi elementi essenziali e l'Autonomia in conseguenza non solo non è cresciuta e non si è rafforzata, ma è rimasta in uno stato mostruoso di infantilismo, tanto che molti la ritengono, così come attuata, una sovrastruttura inutile per il Popolo Siciliano.
Pur nei limiti angusti della presente trattazione tenterò di evidenziare per sommi capi le linee essenziali e le strutture portanti dello Statuto Siciliano affinché il lettore più sprovveduto possa accorgersi in che misura lo Statuto sia stato attuato, o dico meglio, sia rimasto scritto solo sulla carta costituzionale della Repubblica Italiana. Secondo i più accreditati giuristi lo Statuto Siciliano non è altro che un patto costituzionale tra l'Italia e la Sicilia, la quale in virtù del suo Statuto specialissimo, per come viene unanimamente riconosciuto da tutti gli studiosi, si viene a trovare in una situazione diversa non solo dalle Regioni a Statuto speciale, tanto che per la sua struttura costituzionale la Sicilia si può collocare in una posizione intermedia tra la Regione autonoma e lo Stato membro di uno Stato Federale. Conformemente a tali principi alla Sicilia non venne dato un Consiglio Regionale come alle altre Regioni a Statuto speciale, ma un'Assemblea e dei Deputati (art. 3 e segg. dello Statuto).
Tali diversità di qualificazione hanno importanza sostanziale in quanto con quelle parole si è voluto dare dignità di Parlamento all'Assemblea Siciliana, mettendola alla pari, anche nella dizione, alle Assemblee legislative nazionali. Conformemente a tale volont costituzionale il Parlamento Siciliano ha il potere di adottare in materie d' importanza vitale per la Sicilia leggi diverse da quelle in vigore fuori dell'ambito territoriale siciliano.
La Sicilia ha cioè competenza esclusiva a legiferare nelle materie elencate nell'art. 14 dello Statuto (agricoltura, industria, commercio, urbanistica, lavori pubblici, miniere, ecc.). Tale competenza legislativa esclusiva, però, è stata distorta nel senso che le leggi nazionali sulle materie di cui all'art. 14 dello Statuto vengono ritenute estensibili anche sul territorio siciliano ed hanno vigore sino a quando la Regione non legifera diversamente. Questo modo scorretto di interpretazione delle parole ha legislazione esclusiva contenute nel detto art. 14, vanifica il contenuto sostanziale della norma, equipara l'Assemblea regionale ai Consigli delle altre Regioni, lega la Sicilia al traino delle Assemblee legislative nazionali e squalifica il Parlamento siciliano perché riduce, sia pure in forma negativa, i suoi poteri costituzionalmente sanciti......Qui habet aures audiendi, audiat!..... Continua...
Ulteriori informazioni le trovate su "JU, SICILIA" periodico del CSSSS
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