Centro Studi Storico-Sociali Siciliani
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LE VOSTRE LETTERE


* Elenco di alcune lettere giunte in redazione *

Scriveteci: info@csssstrinakria.eu

Quanto liberamente espresso dagli Autori delle lettere pubblicate a titolo gratuito, non è indicativo circa la linea d'opinione editoriale del CSSSS.

COMPRA SICILIANO

    

SPETTANO ALLA REGIONE SICILIANA LE IMPOSTE SUL REDDITO VERSATE DALLE IMPRESE CHE OPERANO IN SICILIA

È stata approvata di recente da parte della Camera dei Deputati l'emendamento alla finanziaria presentato dall' on. Alfano e condiviso tanto dalla maggioranza che dall'opposizione. Se la memoria non m'inganna, lo Statuto di Autonomia della Regione Siciliana, LEGGE DELLO STATO, all'art. 37 stabilisce con molta chiarezza che per le IMPRESE INDUSTRIALI e COMMERCIALI, che hanno la sede centrale fuori del territorio siciliano, nell'accertamento dei redditi, "...venga determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed agli impianti medesimi...L'imposta relativa a detta quota compete alla Regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima". Non si tratta quindi di una benevola concessione, ma di un diritto calpestato da anni e finalmente riconosciuto. Lascio immaginare a voi lettori quanto ha perso la Sicilia in tutti questi anni in denaro e investimenti produttivi. Tutto questo senza che nessun deputato siciliano facesse valere i diritti di UN POPOLO, sanciti dalla costituzione e che non è stata mai applicata.

Riccardo Maugeri

    

STRANE ALLEANZE

Sono un grande ammiratore e studioso di Federico II di Svevia, ho pubblicato un saggio storico sull’Imperatore ed una favola su Costanza d’Altavilla, madre del nostro eroe, che ha come punto di referimento l’ex convento di Santa Maria della Valle posto sulle alture di Messina (la Badiazza). Ho letto dell’accordo fra Lega Nord ed il Movimento di Lombardo. Non ne capisco molto di politica ma questo accordo mi suona strano, e per meglio spiegarmi vi racconterò di un fatto accadutomi.
Nell’autunno scorso, in occasione della fiera del Tartufo di Alba, mi sono recato presso questa cittadina, famosa in Italia ed in Europa sia per il Tartufo che per i meravigliosi vini come il Barolo ed il Dolcetto. Trovandomi a passeggiare presso la piazza principale, piazza Savona, sono rimasto incantato da un bellissimo monumento equestre in bronzo che non avevo mai notato in passato.
Il monumento è stato dedicato al Gen. Giuseppe Govone personaggio di fine ‘800. Il nome non mi era nuovo, in quanto qualche cosa sull’unità d’Italia avevo letto, pertanto sono andato a rinfrescarmi le idee sull’enciclopedia della UTET. Il Generale, infatti, fra altre cose si era distinto nella repressione dei moti in Sicilia con molto accanimento. Se il monumento fosse stato eretto a fine ottocento o nei primi anni del novecento, avrebbe potuto significare qualcosa per i Sabaudi, come i vari monumenti eretti a Cavour, Garibaldi e Bixio, ma innalzare oggi un monumento equestre in onore di un personaggio “chiacchierato” per l’accanita repressione da Lui fatta nel Meridione, mi sembra a dir poco “provocatorio”.
In Piemonte come si sa, la Lega è ben rappresentata pertanto mi chiedo e Vi chiedo: se quanto fatto può essere considerato solamente una coincidenza.
Giorni fa, in treno ritornando da Milano, ad un passeggero che si professava Leghista, alla domanda del perché di questo accordo con i “Terroni”, mi ha così risposto : - Per il momento li leghiamo a noi, poi taglieremo la corda in modo che la Sicilia vada alla deriva sino a sbattere contro la Tunisia, e questo è il pensiero di tutta la base leghista -.
Al momento non ho nulla da aggiungere, allego la foto del Generale, incuriosito di sapere da Voi almeno una valida valutazione sull’accordo.

G. Vaglica

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LO STATUTO SPECIALE DI AUTONOMIA E I CAMBIAMENTI ILLEGITTIMI

Spett.le CSSSS, negli statuti della Sardegna, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige è esplicito che per la modifica dello statuto c'è bisogno di una modifica costituzionale....fatto salvo il titolo che riguarda le entrate e il patrimonio dove il governo o addirittura il singolo parlamentare possono presentare modifica con legge ordinaria (sentite la Regione in questione). Per la Sicilia invece mi sembra di capire che tutti i titoli dello statuto per essere modificati richiedono una legge costituzionale. È cosi? grazie

Fortunato Mior - prov. di Venezia


N.d.R.

La sua osservazione è esatta. L'Alta Corte e le sue competenze (artt. 24-30) è stata concepita e voluta come organo giurisdizionale costituzionale avente natura giuridica unita: statale-regionale. In tal modo alla Regione siciliana è stato attribuito un vero e proprio potere giurisdizionale, cioè sovrano. Anche alla Commissione paritetica, di cui all'art. 43 dello Statuto, è stato attribuito un potere analogo. In sostanza è stato istituito uno Stato Regionale come costituzione intermedia tra lo Stato centralizzatore e quello federale (non a caso si chiama Regione Siciliana e non Regione Sicilia). La Sicilia nel 1946 pensò allo Stato federale, (ammiriamo la lungimiranza!) ma una classe politica asservita al dominatore di turno l'ha tradita. Per dirla col poeta Hamdis..."O Sicilia, o nobili città, vi ha tradite la sorte; voi foste propugnacolo contro popoli possenti" Reputerà il nuovo Presidente della Repubblica, che dovrebbe essere il naturale garante della Costituzione, d'intervenire presso gli altri organi dello Stato per invitarli a rispettare il patto nell'interesse medesimo dell'Italia? L'Assemblea Regionale sarà capace di ritrovare la dignità del suo ruolo istituzionale? Tragga le sue conclusioni carissimo sig. Fortunato.

    

AI CITTADINI, AL SEGRETARIO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA DI MILANO

Abbiamo sbagliato, ci siamo lasciati prendere in giro da Rifondazione Comunista di Milano! Con ben due lettere ufficiali, Rifondazione assicurava per la Festa di Liberazione di Milano 2006, la preparazione di un menu Equo e Sostenibile (vegetariano) nei suoi ristoranti. Non lo ha fatto e, nonostante l'impegno scritto, non ha neppure tentato di motivare la sua totale mancanza di coerenza. Naturalmente Rifondazione può fare ciò che vuole, ma... è un Partito (adesso anche di Governo!) e noi crediamo che una forza politica istituzionale abbia, come minimo, il dovere di mantenere i propri impegni con i cittadini... o almeno la decenza di spiegare un eventuale cambiamento di posizione! Così come non abbiamo avuto timore di fare, pubblicamente, i nostri complimenti a Rifondazione di Milano, adesso non possiamo esimerci dal criticare duramente un Partito che parla di Sostenibilità, di Equità, di Pace e... non riesce a comprendere che il cambiamento dello stile di vita, è la base indispensabile per un qualunque mutamento dell'intero Sistema politico. Non è cambiando il sedere che sta seduto su una poltrona che cambiano le cose! Caro Segretario di Rifondazione di Milano, se risponderai a questa nostra lettera ti assicuriamo di diffondere le tue motivazioni... ma non ci dire, per favore, che al self-service c'era qualche primo e un po' di verdure... non era questo il vostro impegno (anche se i nostri complimenti per il cuoco di quel ristorante rimangono, è stato l'unico ad impegnarsi). Come si legge nelle vostre lettere, assicuravate un primo e un secondo sostenibili, tutti i giorni, in tutti i ristoranti, ben evidenziati e pubblicizzati. Era una scelta politica di Equità e di Sostenibilità... anche a tavola! Perché non lo avete fatto?!

Con amicizia sincera! Associazione Progetto Gaia

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IL MIS NON ADERISCE AD ALCUNA "CONSULTA SICILIANISTA"

In relazione all'articolo «Una consulta tra i movimenti sicilianisti», pubblicato sul quotidiano "La Sicilia" del 18 luglio 2006, il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia desidera precisare che alla "conferenza programmatica" svoltasi nel pomeriggio del 15 luglio u.s. non era presente alcuna "rappresentanza" ufficiale del MIS. Ciò, proprio in dissenso rispetto alla ventilata "consulta" fra i vari "movimenti sicilianisti". Riteniamo infatti deleteria la costituzione di tale "ensemble" di sigle solitamente prive di militanza e reale attività, funzionali solo a tenere nella confusione e nella sostanziale inattività l'ambiente politico identitario. E non solo: contestiamo gran parte dell'indirizzo politico che il movimento dei "Nazionalisti siciliani" vorrebbe imprimere a tale consulta (si pensi, ad esempio, alle procedure di riscrittura dello Statuto, ricalcando quella "consulta sarda" che lo Stato Italiano già intende impugnare, o il voto favorevole al Ponte sullo Stretto), come anche l'individuazione nell'Mpa del soggetto politico-parlamentare di riferimento per l'area "sicilianista". Infatti, citando le parole dell'intervento conclusivo dell'on. Lombardo (che pure parla da leader dell'Mpa, ma senza aver mai comunicato alla sua assise di riferimento, il Parlamento Europeo, di aver lasciato l'Udc - quando pure l'Mpa pretende massima tempestività e pubblicità per analoghe "conversioni" in suo favore...), non ci sembra il caso di «dover prendere» il «treno che passa» e che «forse non passerà più», rappresentato dall'Mpa. E questo sia perché nutriamo altrettanta, se non maggiore, sfiducia verso i parlamentari dell'Mpa (come anche dei metodi con cui sono stati eletti) di quanta (tanta) non ne abbia manifestata lo stesso Lombardo, sia soprattutto il percorso del "treno Mpa" è nei fatti diametralmente opposto rispetto al nostro. Noi indipendentisti siciliani teniamo a sottolineare che il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia è recentemente tornato alla politica attiva (depositando il proprio storico contrassegno e partecipando alla vittoriosa campagna elettorale referendaria) proprio con l'obiettivo di richiamare all'unità, alla solidità, alla partecipazione attiva tutto l'ambiente che fatichiamo a definire "sicilianista" (termine invero equivoco nella sua neutralità e più adeguato a dei turisti innamoratisi della Sicilia che non a dei Patrioti Siciliani) e che preferiamo definire, per l'appunto, "indipendentista". Giacché non degli "autonomisti", peraltro sempre autodefiniti e sempre presenti - sotto sigle differenti - in seno all'Ars, che riconoscono nell'"inganno Italia" la propria "nazione", ma per l'appunto dei siciliani indipendentisti ha bisogno la Nazione Siciliana ed il Popolo Siciliano proprio adesso, nel XXI secolo, era di emergenze gravissime per la nostra terra. L'entusiastica risposta al ritorno del MIS, nato nel 1943 e padre dello Statuto Speciale quale autentico "trattato costituzionale di pace ed associazione", da parte tanto di militanti indipendentisti storici quanto di numerosissimi giovani e gente comune non può che confermare la giustezza del nostro percorso al di là del sistema dei partiti italiani e dei "pannicelli caldi" rappresentati dai trasformismi autonomisti e dei "federalismi" di varia genesi, giacché si tratta dei mezzi più efficaci per mortificare e bloccare le migliori e più alte aspirazioni dei Siciliani, che ripongono nel sacrosanto ed inalienabile diritto all'autodeterminazione. Noi non crediamo sia utile perdere tempo con chi dice di voler "tutelare" la Lingua Siciliana, ma s'affrunta a parrari 'n Sicilianu, con chi vede nel lisergico mostro-Ponte una assurda panacea ai mali (imposti dall'Italia cui vorrebbe unirci) della Sicilia, non crediamo sia utile legittimare sigle e "leaders" creati ad hoc per rendere la nostra lotta come folklorica e innocua, non riteniamo utile la "finestra parlamentare" da chicchessia offerta, in quanto crediamo che la rinascita della Sicilia possa nascere solo fra i Siciliani, da questi voluta. È questo il fondamento, negli anni '40 del secolo scorso come oggi come sempre, dell'indipendentismo siciliano, che vuole la propria terra restituita all'amore ed alla fruizione dei Siciliani, visti non come gruppo etnico, ma come un Popolo dalla millenaria identità e cultura. Il MIS non è e non sarà il "portatore d'acqua" di qualsivoglia altro soggetto politico. Il MIS è e vuole rimanere il realista movimento di popolo dei Siciliani, che vuole restituire a questo Popolo e alla sua terra la dignità da troppo tempo perduta come anche e soprattutto la sovranità formale e sostanziale. Cancellando definitivamente le vessazioni coloniali imposteci dall'Italia (carenza idrica, depressione economica e produttiva, disoccupazione, emigrazione, mafia, assimilazione culturale), riportando la Sicilia al suo ruolo centrale in Europa e nel Mediterraneo. Questo il MIS intende farlo anche in collaborazione con le organizzazioni rappresentative di altre Nazioni senza Stato (in Europa, nel Mediterraneo e nel Mondo) con cui è già in contatto, così come, in maniera limitata e circostanziata, siglando eventuali accordi tecnici e programmatici in ristretti ambiti territoriali, accordi sempre e comunque finalizzati alla realizzazione di porzioni qualificanti del programma politico del MIS, che intende sempre incidere sul presente per costruire il futuro della Sicilia indipendente. Concludiamo stigmatizzando ancora una volta lo sciacallaggio che si seguita a fare del nome e della sigla del MIS. È già la terza volta in un mese che si cita a sproposito il MIS, o se ne usa il nome o i testi diffusi (come nel caso di un comunicato stampa "plagiato" da una sedicente "sezione di Naro" dell'Mpa). Uno squallido metodo che si va facendo sistematico e che non nasconde un fondo di depravazione politica. Infatti, risulta comodo attribuirsi ad opera di questo o quel soggetto (ma pur sempre afferente proprio all'Mpa) la "legittimazione" del MIS, senza che però la dirigenza del MIS stesso ne sappia nulla. Ed è bastato che fra il poco pubblico che ha assistito alla succitata "conferenza programmatica" dei "Nazionalisti siciliani" presenziassero alcuni dirigenti del MIS, ma senza che questi partecipassero ai lavori, sedessero al tavolo di presidenza o abbiano mai preso la parola, per far diventare il nostro Movimento uno delle "tante sigle" giunte a ossequiare Lombardo novello "leader sicilianista" ma invero democristiano e italianista sin nel midollo. È bastato aver partecipato alla stesura di parte di quei "punti programmatici" tanto cari al leader dei Ns, arch. Erasmo Vecchio, per aver indissolubilmente legato il MIS al discusso Presidente della Provincia Regionale di Catania, che peraltro quei "punti programmatici" ha dimostrato sin da subito di voler disattendere, nonostante la "carota" del nostro circostanziato "gradimento elettorale" alle "regionali"? Noi sosteniamo con forza il nostro NO, la nostra indipendenza, seminale e propedeutica per il voler edificare l'indipendenza della Sicilia. E invitiamo l'anonimo autore dell'articolo citato di interpellare i diretti interessati prima di citarli a sproposito, giocando su giri di parole e conseguenti equivoci.

Catania, 19 giugnettu 2006
A cura dell'Ufficio Stampa, Comunicazione e Propaganda del M.I.S.

* Casinò dell'Etna:"LUCI ED OMBRE" *

    

IL CASINÒ IN SICILIA NON SI APRE PER MAFIA STATALE E ASCARISMO

Alcuni deputati nazionali dell'Ulivo, Enzo Bianco, Giovanni Burtone e Anna Finocchiaro fanno un appello ai Siciliani: "Votate i nostri emendamenti per difendere l'autonomia della Sicilia".
I deputati in questione sono gli stessi che non hanno mai fatto rispettare lo Statuto di Autonomia della Sicilia svilendolo totalmente. Tutti i 43 articoli dello Statuto sono defunti pur essendo lo Statuto di Autonomia della Sicilia patto costituzionale tra l'Italia e la Sicilia. È patto costituzionale con la legge costituzionale 26 febbraio 1948 n.2. I deputati nazionali siciliani, forse digiuni di diritto costituzionale, ignorano che nessuna clausola di tale accordo transativo è modificabile senza il consenso delle parti (Stato italiano e Regione siciliana), perché tutte furono sottoscritte come essenziali e tutte sono reciprocamente collegate mediante nessi indissolubili. Allora perché tutta la classe politica siciliana ha permesso le assurde sentenze del 9 marzo 1957 n. 38 e del 15-22 gennaio 1970 n.6 "costituzionalmente illegittime" atte a demolire le rilevanti peculiarità dello Statuto umiliando i Siciliani onesti? I deputati nazionali siciliani che parlano di "salvaguardia dell'Autonomia", forse si riferiscono alla Valle d'Aosta, perchè in Sicilia non si puo' aprire un casino', lo ha stabilito il prefetto "...sotto un profilo meramente giuridico, l'istituzione della casa da gioco in Sicilia puo' avvenire soltanto nel caso in cui venga emanato un provvedimento legislativo di tipo analogo a quelli che hanno permesso l'apertura delle case da gioco attualmente operanti in Italia". I deputati siciliani non conoscono le motivazioni, che sono quelle che il prefetto precisa con dovizia "...tali interventi normativi, hanno di volta in volta autorizzato il Ministro dell'Interno a consentire a taluni Comuni di esercitare - tramite concessionari - la specifica attivita' in parola, allo scopo però di addivenire al ripianamento dei deficit di bilancio dei Comuni interessati". Oltre a questa presa di posizione ILLEGALE (il prefetto in Sicilia e', in base allo Statuto di Autonomia, una presenza non contemplata), e la presa in giro dei deputati siciliani, L'on. Nino Strano ha precisato: "...la soluzione non e' dietro l'angolo, necessita un intervento legislativo del Parlamento nazionale".
Ritornando a quello che ha sentenziato il prefetto,...mi risulta che diversi Comuni siciliani siano in deficit, ma non hanno mai ricevuto l'autorizzazione, pur avendola chiesta, all'apertura di un casinò. Tutto ciò alla faccia dell'art. 117 della Costituzione e dell'art. 14 dello Statuto Regionale in cui si legge, fra l'altro, che l'Assemblea regionale ha la legislazione esclusiva anche in materia di turismo. Infatti nessuna dialettica può porre seriamente in dubbio che l'apertura di un casinò rientri nella materia turistica demandata alla competenza dell'Assemblea regionale. (de gustibus...)
Attilio Castrogiovanni, Andrea Finocchiaro Aprile, Concetto Gallo, Antonino Varvaro, Francesco Restuccia ed altri "VERI PADRI DELL'AUTONOMIA" a loro soltanto si deve la conquista dello Statuto di Autonomia, loro hanno invitato fino all'ultimo le nuove generazioni dell'Isola a "combattere per la difesa di quel diritto senza il quale il popolo siciliano non avrebbe avuto nessun avvenire" e non credo che i deputati siciliani di oggi, abbiano combattuto e siano gli eredi di questi Grandi Uomini Siciliani.

Michele Musumeci

    

SOPPRESSIONE DELLA PROVINCIA DI ENNA

Circa la ventilata soppressione della Provincia di Enna abbiamo notato mancare un elemento nelle allarmate esternazioni dei politici siciliani degli ultimi giorni.
Nessuno dei nostri notabili, in particolar modo quelli ennesi, sembra ricordare l'articolo 15 dello Statuto Speciale d'Autonomia, che nel 1946 sancì la fine dei collegi provinciali italiani in Sicilia. Da allora, la Sicilia si sarebbe dovuta basare su norme proprie (dando vita ai consorzi di comuni). Nei fatti, il desiderio ascaro e traditore dei nostri allora governanti in Palermo non mancò di mettersi a disposizione per una immediata "normalizzazione" del sistema assimilandolo alle altre realtà italiane. E le Province, uscite dalla porta, rientrarono dalla finestra: nacquero le "Province Regionali".
Ma, per l'appunto, le Province siciliane sono regolate da norme regionali! Semmai, la finanziaria del centrosinistra potrebbe cancellare la Prefettura di Enna, che già di per sè è abusiva, come le altre Prefetture siciliane, in quanto insistono su un territorio che non è "collegio provinciale". Del resto, sempre lo Statuto sancisce che la tutela dell'ordine pubblico è di esclusiva competenza della Regione. O meglio, dovrebbe essere, dato che le più qualificanti norme dello Statuto stesso, quelle che avrebbero reso la Sicilia un "quasi-Stato", riprendendo le allarmate parole di Einaudi, non sono mai state attivate, ed oggi sono ignorate dai nostri amministratori eletti, "normalizzati" ed "assimilati" essi stessi all'estranea realtà italiana. Lo ricordi l'on. Crisafulli, che ha affermato: «è possibile applicare l'articolo 31 dello statuto siciliano che non prevede la presenza delle prefetture in tutto il territorio regionale», quando lo Statuto Siciliano non è facoltativo. Non "si può" applicare, ma SI DEVE applicare, in quanto legge costituzionale e trattato di pace scritto sì sul marmo, come sottolineato alcuni giorni addietro dall'on. Alessi, ma soprattutto con il sangue dei patrioti indipendentisti.
Ed è per questo che il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia ha recentemente ripreso la propria lotta verso la libertà, determinato stavolta a non cadere in un ulteriore "inganno autonomista".

M.I.S.

    

NORD LADRONE

Speriamo di non essere equivocati dando l'impressione di essere campanilisti oltre ogni limite se proviamo a ridimensionare uno slogan storico della Lega Nord, cioè "Roma ladrona". Senza voler minimamente denegare le tante cancrene del Sud, troviamo insopportabile la spocchia di tanti nordisti che ancora oggi insistono con i soliti luoghi comuni sul parassitismo dei meridionali assolvendosi per le loro gigantesche magagne.
Ultimo, il caso Telecom, un intreccio di interessi occulti tra pubblico e privato nonché di cattiva gestione di un colosso della telefonia che si ritrova con il bilancio in rosso nonostante imponga le tariffe più pesanti. Ed è ancora tutto da chiarire fra l'altro il torbido affare delle intercettazioni illegali di cui gli amministratori della Telecom si dicono all'oscuro. E' altrettanto vero che qualcosa non ha funzionato quanto meno sul piano della vigilanza tecnica. È un settore quello della telefonia che sta drenando capitali immensi, specialmente quella mobile, che incide fortemente sui bilanci delle famiglie a causa dei costi eccessivi che nessun governo, di destra o di sinistra, ha tentato di far ridurre. Capitali enormi che vanno a concentrarsi in poche privilegiatissime mani nel solito contesto economico-finanziario che vede il Sud nel solo ruolo di area di consumo. Roma ladrona, certo. Ma sta di fatto che la Fiat ha scaricato per decenni le sue perdite sul bilancio dello Stato attraverso un uso continuo ed eccessivo della Cassa integrazione. E la Fiat non è certo la sola industria, diciamo così, protetta del Nord Italia. Ci sono poi certi eminenti personaggi che al timone di imperi finanziari si sono avventurati in investimenti spericolati con conseguenti clamorose bancarotte. Personaggi prima osannati fino al leccaculismo e poi caduti in disgrazia nell'ambito di foschi scenari che fanno impallidire quelli delle mafie tradizionali. La grande stampa, a sua volta, essendo in gran parte controllata dai padroni del vapore, anestetizza l'opinione pubblica facendo apparire certe operazioni di banditismo finanziario come semplici incidenti di percorso, mentre di contro suona la grancassa sui fattacci del Meridione. Il che potrebbe anche andarci bene se tanta solerzia informativa non servisse a distogliere l'attenzione del Paese dagli scandali che esplodono al Nord. Ne è la riprova la sordina messa al caso Parmalat, una gigantesca operazione di razzia messa in atto con un giro vorticoso di affari illeciti e di società di facciata dentro e fuori i confini nazionali. Il tutto sulla pelle di decine di malcapitati risparmiatori. E ci si può ben immaginare cosa sarebbe accaduto se a fare andare in fumo i risparmi di mezza Italia fosse stato un imprenditore siciliano. Si può bene immaginare quanto clamore e proteste e anatemi si sarebbero levate al Nord, magari con richieste di valenti giuristi rivolte ad introdurre temporaneamente la pena di morte. E invece, chi ne parla più? Ogni tanto nei telegiornali appare qualche imputato responsabile di quel fallimento senza precedenti e poi torna nell'oblio. Roma ladrona? Certo. E Parma no? E che ne è di consorte - Paperone di area diessina - passato come una meteora sulla grande stampa e che ora se ne parla come di un vecchio film visto in anni lontani. E, per quanto di portata minore, non ci si dimentichi della cosidetta "calciopoli". Dovrebbero, dunque, mettersi la maschera quei signori nordisti che hanno le mani in pasta, che manovrano capitali da vertigine facendo il bello e il cattivo tempo determinando le sorti dell'economia nazionale, mentre il Meridione continua a restare al traino di decisioni che vengono prese a Milano e dintorni. E dovrebbero vergognarsi quei soloni della grande informazione che, non di rado, preferiscono omertosamente parlare d'altro.

VOCI LIBERE

    

ISTITUIRE LINEE DI BOAT tra i porti di CATANIA e SIRACUSA con REGGIO CALABRIA

Ribadisco la mia proposta relativa alla istituzione di linee giornaliere di boat per gli automezzi tra i porti di Catania e di Siracusa con Reggio Calabria. Ciò allo scopo di alleggerire il flusso sempre più pesante di automezzi che ingolfa il porto e la città di Messina. Una iniziativa del genere dovrebbe essere sostenuta dallo Stato e dalla Regione possibilmente attraverso la creazione di una società mista con larga partecipazione di capitali privati sempreché vi sia, come presupposto essenziale, una presa di posizione coraggiosa da parte degli esponenti politici locali e per vincere prevedibili resistenze da parte di chi difende interessi precostituiti. Anche perché si tratterebbe comunque di una novità alquanto rivoluzionaria nel modo di intendere i collegamenti tra la Sicilia e la Calabria fino ad oggi ad appannaggio della città di Messina. Ma dov'è scritto che per raggiungere la Calabria ci si debba per forza sobbarcare l'attesa ai caselli di partenza, il percorso dell'autostrada e le lunghe code agli imbarcaderi? Ma dov'è scritto che bisogna continuare così? Per chi proviene dal siracusano la prospettiva di potere evitare la predetta trafila dovrebbe apparire ancora più allettante. E, infatti, da Siracusa, ancor più che da Catania, si sono pervenuti numerosi riscontri positivi, alcuni addirittura entusiastici, alla ipotesi di un collegamento quotidiano di traghetti con Reggio Calabria, con l'eccezione di un personaggio politico, che mi ha chiesto di restare anonimo, il quale ha espresso riserve sulla possibilità di reperire i fondi necessari, concludendo con un vago riferimento alla opportunità che vengano potenziati per il momento le infrastrutture, senza scendere nei dettagli. Infrastrutture, parola magica che significa, a volte, tutto e niente. Questo progetto, sempreché venisse realizzato con l'apporto di capitali privati, potrebbe coinvolgere la stessa Società che in atto gestisce i collegamenti tra Messina e le coste calabre. Apriamo un dibattito senza pregiudizi di parte.

Giuseppe (Pippo) Litrico

    

Casinò in Sicilia: I DS contrari per ragioni etiche (?!?)

L'on. Ferdinando Latteri, parlamentare della Margherita (liscia, gassata o Firrarello?) ed ex Rettore dell'Università di Catania, in un'intervista a Tony Zermo del quotidiano catanese "la Sicilia", ci fa sapere che "ora la Margherita vorrebbe le case da gioco". Il problema è avere l'appoggio delle altre forze politiche del centrosinistra, perché i Ds sono stati sempre contrari per ragioni etiche.

Redazione CSSSS

    

DENUNCIATO IL MINISTRO AMATO

Con un comunicato stampa diramato oggi viene confermato che ieri 31 luglio diverse associazioni, movimenti politici sicilianisti e singoli cittadini hanno presentato in diverse procure della Sicilia una denuncia contro il ministro Amato per le gravi offese al popolo Siciliano fatte nel corso di un convegno sull'islam a Roma l'11 luglio scorso. Ieri, 31 luglio 2007, l'Osservatorio Permanente per la tutela dell'immagine della Sicilia, ha depositato querela nei confronti del Ministro Giuliano Amato per le gravi e non ritrattate affermazioni in merito alle presunte tradizioni siciliane di maltrattamento delle donne. Tale querela è stata presentata simultaneamente in diverse Procure tra le quali Catania, Palermo, Messina, Marsala, Siracusa nonchè alla Stazione CC di Santa Venerina di Catania, ed altre ne seguiranno nei prossimi giorni da associazioni e singoli cittadini che ne hanno già dato notizia. I reati commessi dai ministri della Repubblica non valgono di meno di quelli commessi dai comuni cittadini, anzi, semmai, forse sono anche più gravi. Le associazioni ed i movimenti querelanti sono pronti a ritirare le denunce a condizione che il signor Amato Giuliano venga in Sicilia ed indica una conferenza stampa per porgere scuse ufficiali al popolo Siciliano.

Redazione "Il Vespro"

    

PONTE SULLO STRETTO

Caro direttore, mi si consenta di esprimere alcune considerazioni in merito alle tesi sostenute a favore e contro la costruzione del Ponte sullo Stretto rispettivamente da Salvatore Scarpino e da Ida Magli. Come tanti siciliani considero non prioritaria questa titanica opera, utile magari ma non necessaria, a prescindere dal fatto che per quanto attiene alle comunicazioni è più urgente che si modernizzino i collegamenti ferroviari nell’Isola. E non soltanto quelli. Condivido pertanto gran parte delle appassionate critiche che la signora Magli rivolge al mastodontico progetto ma dubito che la Sicilia potrebbe perdere la sua insularità perché in definitiva non cambierebbe granché dal punto di vista geografico, a parte i danni che ne potrebbero derivare all’ambiente. Mi preoccupa molto di più invece l’altissima sismicità del suolo per cui mi chiedo se davvero le moderne tecniche costruttive garantirebbero pienamente la stabilità di un’opera così complessa. Appartengono poi più alla letteratura che alla realtà “i caratteri chiusi e i cupi silenzi” dei siciliani - come scrive la signora - essendo questi, generalmente parlando, estroversi e portati all’allegria. Insomma, è più realistico identificare il loro carattere nei personaggi di Nuovo cinema Paradiso, per dire, che non in quelli di Verga o Pirandello. In quanto all’alta velocità che verrebbe compromessa - secondo Scarpino - se il Ponte non venisse costruito mi chiedo che cosa cambi se una partita di merci, diretta in Sicilia o da essa proveniente, venga consegnata poco prima o poco dopo (in termini di alcune ore). E ciò vale anche per i passeggeri. Ci sarebbe inoltre da prendere in considerazione la opportunità di istituire linee di collegamento con traghetti tra i principali porti della Sicilia orientale con Reggio Calabria alleggerendo così l’ingolfatissimo scalo messinese. In tanti dicono che senza il Ponte si comprometterebbe lo sviluppo dell’Isola. E allora ci dicano i fautori di questa strampalata asserzione come mai pur essendo il Giappone un arcipelago esso è divenuto ciononostante una potenza economica di livello mondiale. E anche l’Inghilterra, senza il tunnel sotto la Manica, non sarebbe forse rimasta quel che è sempre stata? E che ne sarà della Sardegna? Insomma, a mio modesto avviso, il Ponte può attendere. A tempo indeterminato.
Cordiali saluti


Giuseppe Litrico - Catania

    

Catania. Una manifestazione riuscita fatta passare per un insuccesso.

Ne hanno fatto un caso nazionale, l’ennesimo caso ingigantito in modo da far parlare della Sicilia, come al solito, in chiave mafiosa, o nella fattispecie, omertosa (che fa lo stesso). Com’è noto, è accaduto che a Catania ad un centinaio di ragazzi è stato proibito dai genitori di partecipare ad una manifestazione per la legalità - promossa dal Teatro Massimo Bellini, di cui è sovrintendente l’avvocato Antonio Fiumefreddo - svoltasi domenica 7 settembre in piazza Palestro, nel cuore di un antico quartiere popolare a sud-ovest della città. All’’iniziativa, denominata Dance Attack, una delle tante in programma, hanno aderito numerose scuole di ballo con i loro giovanissimi allievi che, indossando una maglietta con il logo “Arte nostra” (in contrapposizione ironica a Cosa nostra), si sono esibiti danzando in gruppo. Giustamente, l’avvocato Fiumefreddo ha sottolineato la riuscita della manifestazione perché se è vero che un centinaio di ragazzi hanno dato forfait (sia pure a malincuore) è anche vero che erano molti, molti di più quelli che hanno dato vita al festosissimo e molto animato incontro, talché risulta esagerato, fuori luogo e demagogico lo stupore esternato da certa stampa e soprattutto da alcuni esponenti politici. E allora vediamo di ragionare. Certo, lascia perplessi la decisione di quei genitori che hanno impedito ai loro figli di esibirsi in piazza Palestro ma si tratta per lo più di famiglie che abitano in quartieri cosiddetti a rischio e quindi possibili bersagli quanto meno di teppisti o di bulli. Hanno avuto paura, come sicuramente l’avrebbero avuta quegli stessi giornalisti e politici e legalitari con la puzza al naso se abitassero in quelle zone lì. Perché l’omertà non è sempre e soltanto una questione di Dna. Quando Indro Montanelli, subito dopo la guerra, volle approfondire quel che era successo nel tristemente famoso triangolo della morte - dove i partigiani avevano trucidato persone che col fascismo non c’entravano nulla - scrisse che aveva “trovato soltanto bocche cucite”. E si può anche capire. Perché si fa presto a fare dei bei discorsi e ad atteggiarsi a censori quando non si vivono certe realtà sulla propria pelle. E tuttavia, a Catania sono lontanissimi i tempi in cui la guerra tra bande della criminalità organizzata faceva registrare più di un centinaio di morti l’anno. Oggi, gli omicidi sono rarissimi e la città è diventata negli ultimi anni relativamente sicura al punto da permettersi una intensa vita notturna – la cosiddetta movida – che attira giovani da ogni parte della Sicilia. Non so in quante città si vedono tante ragazze sole in giro di notte senza che nessuno le molesti. Anche se va detto che di recente qualche episodio di teppismo dovrebbe indurre chi di competenza a vigilare di più. Pertanto, il sindaco Stancanelli avrebbe dovuto sottolineare la riuscita - nonostante tutto - della manifestazione e cogliere l’occasione per lanciare un appello affinché, come si suole spesso dire in questi casi, non si abbassi la guardia, rafforzando la presenza delle forze dell’ordine in modo da non vanificare i risultati positivi raggiunti negli ultimi decenni. E invece, anche il Primo cittadino si è accodato ai cori demagogici e catastrofisti dicendo che la defezione di quei cento ragazzi dà la misura di “quanto ancora si debba lavorare per diffondere la legalità” facendo così il gioco di quanti enfatizzano soltanto gli aspetti negativi della Sicilia. E allora cominci lui a diffondere la cultura della legalità adottando le misure che competono all’amministrazione che presiede. E faccia in modo di onorare la legalità anche facendo sì che la nuova amministrazione presenti resoconti di bilancio perlomeno non disastrosi. Tornando infine alla gente che si permette di avere paura, certamente ne avrebbe di meno se lo Stato fosse più presente in certi quartieri, ovvero: se fossero presidiati da un numero adeguato di carabinieri e poliziotti, se le istituzioni si prendessero cura di tanti ragazzi abbandonati a se stessi (che non studiano e non lavorano) e se gli esponenti politici si occupassero sul serio dei problemi della povera gente anziché sparare cazzate soltanto per cercare di apparire modelli di virtù antimafiosa. Perché se quei quartieri fossero più sicuri ci giureremmo che non ci sarebbero defezioni nei futuri balletti antimafia. Posto che la mafia si combatta con i balletti.

Pippo Litrico

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