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Gaetano Petralia è stato uno degli ultimi poeti popolari dialettali della cosiddetta “vecchia guardia”, fino al giorno della sua morte. La folta schiera di questi poeti alla quale egli appartenne, col tempo è andata via via assottigliandosi e oggi ha perso anche il caro "Tanu". Ciò che di essi oggi rimane, è la ricca aneddotica basata sulla estemporaneità dei versi e le sfide incrociate condotte a suon di rime. Tra i suoi maestri, i poeti Titta Abbadessa, Neddu Bruca, Gaetano Benessere e Nino Bulla. Dalle tradizioni campagnole agli argomenti più frivoli passando per quelli di grande attualità, la poetica di Petralia ha avuto come denominatore comune la quotidianità. Da qui il desiderio di raccontare e raccontarsi.
"La povertà e il duro lavoro nei campi, anziché prostrarlo ne hanno affinato le doti emotive e fatto apprezzare il valore della vita:“La vita è bedda, veramenti bedda, / picchì ni duna gioi e filicità, / macari siddu è sparsa di duluri / è sempri bedda, pi la virità (…). “La poesia del Petralia ha percorso un fecondo cammino evolutivo, che l’ha resa sempre più genuina e accattivante” (Alfio Patti).
Facendo riferimento al volumetto oggetto dell’incontro, gli oratori ne sottolineano la semplicità del linguaggio e la ricchezza dei vocaboli. “L’ultimi vamparigghi” è stata l’ottava fatica letteraria di questo autore che ha vinto molti concorsi letterari. Assiduo frequentatore di circoli culturali amava recitare i suoi versi, tutti a memoria. Nelle sue liriche ci troviamo l’endecasillabo, le ottave ed i sonetti, tradizionali forme metriche ormai raramente applicate” (Santo Privitera). “Petralia si rivela scrigno prezioso poiché conserva e custodisce nelle sue poesie le nostre radici” (Ninni Magrì, autore della prefazione).
I suoni onomatopeici di un tempo riecheggiano in molti dei suoi componimenti: “’N munzeddu du’ sordiiii, / arricialativi ‘u cori, / frischi e duci su’ ‘sti bastarduniiii, / frischi e duciii suuu’….(Decianni).
Non mancano i riferimenti nostalgici in relazione al tempo trascorso: “Lu tempu comu nenti va vulannu / purtannusi d’appressu l’anni mei, / ogni annu ‘na fogghia va cascannu / di starvulu c’ammacia li so’ prei (Sirinata di l’anni mei).
"L'organicità della sua poetica è da ricercarsi nell'attenzione con cui volge lo sguardo sul mondo che lo circonda per coglierne gli aspetti più emblematici nel quotidiano, nella sua esperienza di vita dalla quale attinse a piene mani per raccontarsi"(Rosetta Di Bella).
Pur non essendo mai stato refrattario ai profondi mutamenti sociali nel frattempo sopravvenuti, Petralia rimase fedele alle tradizioni letterarie che considerano aristotelicamente il verso sinolo di materia e forma. Nella sua sostanza, cioè. L'endecasillabo gli è stato fedele compagno di viaggio. La sua poesia ha attraversato indenne il '900 senza essere minimamente contagiata dai tanti tentativi di rinnovamento posti in essere dai movimenti nati dal secondo dopoguerra in poi. Oggi ce la ritroviamo più viva che mai nel solco della tradizione ma rinnovata nei temi, matura nella parola, rigorosa nella consueta impostazione metrica. Autore delle sillogi "Miscugghi di pinseri"(1987), "Varchi a mari"(1990), "Ali di Fantasia" (1997), "Muddicheddi"(2003); "L'urtimi Vamparigghi" ecc.
Gaetano Petralia ha pubblicato diverse raccolte di poesie
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