DUCEZIO

Centro Studi Storico-Sociali Siciliani
"Banca dati di Letteratura e Poesia"
"Storia, Folklore, Arte, Mitologia"
"In tutto il mondo con i SICILIANI"

DUCEZIO
L'eghemòn dei Siculi
Nato a Menai (Mineo) o a Nea/Neas/Noa (Noto), nel 488 a. C. - Morto a Kalè Aktè (Caronia) nel 440 a. C.
Conferenze del CSSSS

“Attraverso la caligine degli oscuri secoli ancora echeggia di gloria il nome di Ducezio.” Ignazio Lucchesi, Marchese di Porto Palo

Euno

Ducezio, di origine Sicula fu un grande stratega, poeta, grande generale e sacerdote.
Diodoro Siculo, siciliano di Agira, narratore dei miti greci, stranamente, però accenna poco del nostro eroe. Ducezio da diversi lustri, come scritto sotto, aveva riportato nell’isola le condizioni per un ritorno agli antichi splendori. Lo stesso Diodoro Siculo definisce Ducezio, nella sua opera la Biblioteca Historica, "principe nobilissimo di schiatta ed in quel tempo molto ricco". Nel periodo di maggiore gloria, Ducezio indossa i panni di condottiero, oracolo ed ecista. Verso il 465 a. C., i siracusani chiesero l'aiuto dei Siculi, guidati appunto da Ducezio. Questo coincide con la fine del regno del tiranno Trasibulo. Aiutò pertanto, i siracusani a riportare a Càtana i coloni estromessi da Jerone. Questo risveglio autoctono trovò un capo in Ducezio, eletto regolo (piccolo re), nell’anno 460 a. C.
Il sentimento religioso di Ducezio e dei siculi.
Durante una grande assemblea di rappresentanti di tutte le città sicule dell’Isola, convenuti presso il santuario degli dèi Palici situato tra Mineo e Palagonia, l'odierno laghetto vulcanico di Naftìa (sul cui frontone centrale campeggiava un’epigrafe in caratteri siculi, “La Sicilia ai Siciliani” che si poteva ammirare fino al XVI secolo), Ducezio tenne un discorso.
A questo riguardo c'è da dire che l'adranita prof. Francesco Branchina precisa quanto segue: "...devoto al culto dei Palici e, come tenteremo di dimostrare, loro sacerdote; in questo territorio del resto vi era un importantissimo luogo di culto consacrato agli dèi Palici. Per quanto nell’antica Paliké (presso Mineo), grazie proprio a Ducezio, il culto dei Palici avesse un maggiore rilievo rispetto ad altri luoghi della Sicilia che ospitavano la medesima pratica devozionale, riteniamo che la prima sede del culto dovette trovarsi presso Adrano. La ragione di tale convinzione è semplice e persino ovvia: questi dèi erano tradizionalmente considerati figli di Adrano e di Etna (o Talia o Etnatalia), con i quali costituivano una triade divina, non diversamente dalla triade Odino-Thor-Freyr, venerata nel tempio di Upsala in Svezia, o dalla triade latina Giove-Giunone-Minerva o da quella egiziana Osiride-Iside-Horus, triadi sempre riconducibili del resto ad una famiglia composta da padre, madre, figlio\a; pertanto il santuario originario dei Palici doveva essere vicino a quello del padre e della madre. Inoltre Virgilio, conoscitore dell’origine dei miti, non avrebbe fatto riferimento alla semplice “ara ricca di doni” sulle sponde del Simeto quale luogo simbolo del culto dei Palici, ma piuttosto avrebbe dato notizia dei suggestivi laghetti di Mineo, formati dalla fuoriuscita di acqua bollente proveniente dai geyser, presso i quali, come racconta Diodoro, veniva praticata una sorta di ordalia e vicino ai quali Ducezio aveva costruito uno splendido tempio, descritto con dovizia di particolari da Diodoro. Del resto Virgilio, autore di un poema, l’Eneide, molto più complesso di quanto non appaia ad una prima lettura, era uno storico “esoterico”, raccontava cioè una storia “nascosta” ed era capace di andare alla radice del culto. Il carattere arcaico e duraturo del culto adranita dei Palici e del luogo ove esso si svolgeva, un’ara naturale disposta dalla natura sul letto di un fiume, denota la maggiore antichità di tale pratica religiosa rispetto a quella che veniva praticata a Palagonia. Se il culto dei Palici esercitava il suo fascino ancor al tempo del poeta latino, ci si immagini quale importanza dovesse avere durante il V sec. a. C. e come fosse probabile che i protagonisti di tale periodo storico, da Gelone ad Eschilo allo stesso Ducezio, volessero dare il proprio contributo onde esaltare il luogo, il culto ed unirvi il proprio nome.

Ricollegandoci al culto praticato da Ducezio, il condottiero dei Siculi pronuncia questo discorso presso il santuario degli dei Pàlici situato tra Mineo e Palagonia:
“Noi Siculi abitammo per primi questa terra; noi primi vi fondammo città. Eppure, abbiamo tollerato che i venuti d’oltremare invadessero le nostre coste e ci riducessero sui monti; tolleriamo ancora che usurpino i nostri possessi. Quest’Isola è divenuta preda di greci e di punici. Le nostre divinità fremono d’ira, perché costoro insultano le nostre credenze e deridono i nostri costumi, il nostro idioma, la nostra morale, soffocano i nostri commerci, ci insidiano la pace con menzognere profferte, e man mano ci piegano ai loro voleri. Io non credo che la greca ingordigia potrà mai raffrenarsi per il nostro starcene esclusi dai loro conflitti coi punici. Essi già pensano al giorno che verranno a stanarci e ci porranno ai piedi pesanti catene. Non dobbiamo aspettare che giunga il momento di dover assistere inerti alla rovina dei templi e dell’abuso delle nostre donne. La gioventù impugni dunque le armi. Non dobbiamo volere che gli usurpatori abbandonino le nostre terre, o li rigetteremo in mare con la forza”.
Fu il segnale della riscossa. I Siculi scatenano la loro guerra di liberazione. Ducezio occupa Catana e Morganzio; fonda Meneinon (Mineo); riedifica Neas, sua città natale; s’inoltra nel territorio degli agragantini e fa sua la città di Motyon (vicino San Cataldo CL). Si susseguirono dieci anni di scontri, durante i quali Ducezio apparve destinato a far trionfare la sicula gente. Di fronte all’accentuarsi del comune pericolo, Siracusa e Agraga (Akragas) sospendono le loro contese. Schiere di siracusani giungono a dar man forte ai minacciati agragantini. Ducezio li sconfigge congiuntamente. Il senato di Siracusa si riunisce allora in seduta solenne. Il rincrescimento, la riprovazione, il voto di porre fine alle incursioni dei siculi, sono unanimi:
“Costui, un barbaro, è riuscito a sconfiggere un esercito siceliota!
Dalla sua gente viene già considerato un eroe.
Sta diventando un mito.
I miti viventi vanno abbattuti!”.

Nel 451 a. C. conquistò Etna-Inessa (alcuni commettono l'errore di identificarla con l'antica Paternò). In vista dello scontro inevitabile contro Siracusa, Ducezio il siculo fece spostare la sua città natale, Neas, sull' altopiano dell'Alveila più facilmente difendibile, e la cinse di mura. Nel 450 a.C. venne sconfitto a Noai e successivamente a Motyon. Ducezio, allora, si reca a Siracusa, ricerca il consenso e il dialogo con la componente sicula, i killiroi, presente e forte nella città, come attestato da Tucidide, fino al tempo della guerra del Peloponneso, quando tale etnia avrebbe cooperato segretamente con il generale ateniese Nicia. Tanto politicamente forte e credibile era tale opposizione politica sicula, da convincere Nicia a rimanere nell’isola per continuare la guerra contro Siracusa, nonostante il generale ateniese ritenesse che ormai non vi fossero speranze di vittoria per il proprio esercito. È significativo che durante la guerra del Peloponneso, in Sicilia, tra i Siculi che parteggiavano per gli invasori ateniesi, vi fosse un potente principe, Arcònide, il quale trent’anni prima era stato al fianco di Ducezio nel tentativo di ristabilire il primato politico e religioso siculo nell’isola e di ricondurre ad un ruolo marginale quello punico e greco. Ducezio aveva ordinato al principe Arcònide, signore di Herbita, di fondare una città a pochi km da Calacte, Halaesa. Dopo queste sconfitte Ducezio fu esiliato a Corinto. Nel 444 a.C., con uno stratagemma ingegnoso riuscì a tornare in Sicilia con un gruppo di coloni Corinzi sempre più convinto delle sue idee, lontano da mire espansionistiche o conflitti di interessi. Fonda Kalè Aktè come gli aveva consigliato un oracolo, presso l'odierna Caronia, lontano da Siracusa.
Dopo pochi anni morì e alla città di Siracusa risultò semplice imporre la civiltà siceliota a tutto il resto della Sicilia. L’ultimo baluardo siculo a cadere fu la città di Trinakia che capitolò dopo lunga e strenua resistenza. È proprio lì che il nostro eroe morirà 4 anni più tardi all'età di 44 anni, malato e senza forze senza portare a termine la sua impresa. Con la morte di Ducezio morì ogni residua speranza di indipendenza per i Siculi e l’inevitabile distruzione di un sogno.

Libro  Libro   Libro  libro

  

Compra Sicilia

Pagina della Poesia    Torna alla Homepage

Lavora con noi. Antica Compagnia Siciliana   Lavora con noi. Antica Compagnia Siciliana Lavora con noi. Prodotti di primissima qualità certificata. Alta Gastronomia; Finissima Pasticceria; Gustose Granite; Primi e Secondi Piatti Pronti. Prodotti Surgelati e freschi da banco.

Scriveteci !

CSSSS

Tutti i diritti sono riservati- Copyright 1996-2023
© Centro Studi Storico-Sociali Siciliani Catania