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Era nata a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, ed il suo vero nome era
quello di Giuseppina Bolognani. Si tramanda che fosse stata il «frutto degli illeciti amori di un tal Antonino Mazzeo, sensale di agrumi». Ma "Mazzeo" non è il suo cognome anagrafico. Molti erroneamente la citano come "Bolognara" o "Bolignano" ma il suo vero nome era Giuseppa Bolognani (dal nome della nutrice alla quale viene affidata in tenera età).
Altri la citano come Giuseppa Calcagno (in quanto affidata dalla Congregazione di carità a certa Maria Calcagno, "nutrice di trovatelli").
Il nome di battesimo le viene dato dalla balia. Non abbiamo molte notizie della giovinezza di "Peppa", alcune affermano che fu mandata in un fondaco dove c'era una rimessa di carrozze e Giuseppina si occuperà dei cavalli.
[...]
Le gesta compiute autorizzarono Peppa a gettare per sempre
in un angolo la gonnella, che sostituì con abiti maschili, i quali, d'altra
parte, si prestavano, meglio di ogni acconciatura muliebre, a mitigare la
bruttezza del suo viso, butterato dal vaiuolo. Estratto da: Salvatore Lo Presti, "Fatti e Leggende Catanesi", Studio
Editoriale Moderno, Catania, 1938.
(2)
Però, per i catanesi, essa fu e rimarrà sempre «Peppa, 'a cannunèra»: una delle più care figure
dell'insurrezione del 31 maggio 1860 contro gli ultimi sostegni della crollante
tirannide borbonica.
I cultori delle patrie memorie non ignorano quanto avvenne in Catania in quella storica giornata, in cui le squadre
catanesi, pur essendo male armate, tennero coraggiosamente testa, per ben sette
ore, a oltre duemila borbonici.
Fu appunto in quella giornata che il valore di Giuseppina Bolognani rifulse in due episodi, tuttora
vivi nella memoria dei catanesi: il primo, avvenuto nei pressi della Piazzetta
Ogninella, e l'altro, nella Via Mazza, in prossimità dell'attuale Piazza san Placido.
Ferveva accanito il combattimento ai Quattro Canti
contro le soldatesche borboniche, le cui maggiori forze erano concentrate in
Piazza degli Studi; dietro una barricata fornita di due pezzi di artiglieria da
campagna.
Gli insorti, con l'aiuto di Giuseppina Bolognani
riuscirono a trasportare un cannone alle spalle dei borbonici, piazzandolo
nell'atrio del Palazzo Tornabene, nella Piazza Ogninella. Aperto di colpo il
portone del palazzo, il pezzo venne scaricato dietro i nemici, che, colti di
sorpresa, si diedero a precipitosa fuga, riparando in Piazza degli Studi e nel
Palazzo Comunale, abbandonando un cannone sulla via.
Sorse,
allora, il proposito, da parte di "Peppa" e degli insorti, di
sfruttare le conseguenze del colpo fatto: impadronirsi, cioè, del pezzo
nemico, del cannone.
Ma tutti gli sforzi per raggiungere lo scopo
riuscivano vani, perché dalla Piazza degli Studi i soldati borbonici sparavano
senza posa e non permettevano nessuna sortita.
Fu "Peppa"
che; nel frattempo, aguzzò l'ingegno: prese una lunga e robusta fune, fece un
cappio e, standosene al coperto dietro la cantonata della casa Mancino, lo
lanciò sul cannone abbandonato.
Il tentativo riuscì a
perfezione, provocando negli astanti il più vivo
entusiasmo.
Il secondo atto eroico di Peppa è così narrato
dallo storiografo Vincenzo Finocchiaro (1):
«Era già mezzogiorno, e gli insorti avevano quasi esaurito le munizioni, sicchè il loro attacco incominciò ad
infiacchire; di ciò si accorse il generale Clary, che cercò con una carica di
cavalleria per la Via del Corso (l'attuale Via Vittorio Emanuele II) di aggirare la
destra dei suoi avversari. Giusto in quel punto, un gruppo di insorti, con alla
testa Giuseppa Bolognara, sboccava in piazza san Placido dalla cantonata di
Casa Mazza, trascinando il cannone guadagnato ai borbonici, per cercare di
condurlo sul «parterre» di casa Biscari e lanciare qualche palla contro la nave
di guerra che già bombardava la città, coadiuvata dal fuoco di due mortai posti
sui torroni del Castello Ursino. Appena però quei popolani sboccarono sulla Via
del Corso, videro in fondo a Piazza Duomo due squadroni di lancieri che si
apparecchiavano alla carica. Temendo d'essere presi, scaricarono all'improvviso
i loro fucili, abbandonando il cannone già carico; ma Giuseppa Bolognara restò
impavida al suo posto e con grande sangue freddo improvvisò uno stratagemma
dando nuova prova del suo meraviglioso coraggio. Sparse della polvere sulla
volata del cannone e attese tranquilla che la cavalleria caricasse; appena gli
squadroni si mossero, essa diede fuoco alla polvere ed i cavalieri borbonici
credettero il colpo avesse fatto «cecca» prendendo soltanto fuoco la polvere del
«focone». Si slanciarono perciò alla carica, sicuri di riguadagnare il pezzo
perduto: ma, appena avvicinatisi di pochi passi, la coraggiosa donna, che li
attendeva a piè fermo, diede fuoco alla carica con grave danno degli assalitori,
e riuscì a mettersi in salvo» (2)
Peppa, la Cannoniera, per i suoi atti
di eroismo, ebbe assegnata dal Governo italiano la medaglia d'argento al valore
militare e una pensione di 9 ducati mensili dal Comune di Catania; pensione che,
più tardi, come risulta dai due seguenti documenti, venne tramutata in una
gratifica, «per una sola volta», di 216 ducati:
«Comune di
Catania -- Mandato di pagamento -- Per ducati 216 -- Rubrica Imprevedute -- In
Catania 3 agosto 1861. Per quietanza della controindicata somma di ducati
duecentosedici ed in conformità alla causale espressata nel presente mandato.
Firmato: Luigi Costantino per Giuseppa Bolignano perché analfabeta.
Controfirmato: Pietro Azzarito.»
L'eroina
passò il resto della sua vita comportandosi degnamente nel nuovo ruolo assunto,
felice di poter fumare la pipa e giocare a tresette nelle bettole, tra un
bicchierotto e l'altro di vino paesano.
Note
(1) Vincenzo Finocchiaro - Un decennio di cospirazioni in
Catania: 1850-1860 - Tip. N. Giannotta - Catania, 1909: pag. 91 e segg.
Questo avvenimento ispirò nel 1865 il pittore Giuseppe Sciuti (all'anagrafe Giuseppe Sciuto).
L'interessante tela è ora conservata, unitamente al famoso cannoncino e relativo fusto, nel Museo Civico del Castello Ursino di Catania.
Una lapide col cognome errato.
Mentre uno dei tre monumenti che adornano Barcellona Pozzo di Gotto, fatti costruire sotto la sindacatura Santalco, presenta una stele dedicata a "Peppa 'a cannunera".
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