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Nasce a Salemi (TP) nel 1863. Avendo manifestato già da adolescente una viva passione per la musica, fu iscritto al Conservatorio di musica di Palermo. Nel 1881 si trasferì a Milano per continuarvi privatamente gli studi musicali. Nel 1883 partecipò ad un concorso, bandito dalla Casa Sonzogno, per la composizione di un'opera in un atto: Marcellina, che venne premiata e rappresentata l'anno seguente al teatro Dal Verde. Lasciata Milano, Alberto tornò in Sicilia. Dal 1895, in seguito a gravi dissesti finanziari della sua famiglia, iniziò la carriera di docente al Conservatorio di Palermo. Continuò parallelamente i suoi studi musicali e l'attività artistica; compose l'opera in tre atti Urania, rappresentata al teatro alla Scala di Milano nel 1918, e molti altri pezzi di musica sinfonica, vocale e cameristica. Promosse inoltre la creazione della Società dei Concerti Sinfonici, affinché Palermo avesse una stagione concertistica stabile. La raccolta sistematica dei canti siciliani fu avviata subito dopo il ritorno da Milano, esplorando soprattutto i paesi e le campagne della provincia di Trapani e di Palermo. In grandi fogli di musica venivano trascritte le melodie, i ritmi, le parole dei canti, le eventuali varianti, insieme al nome, l'età, il mestiere del cantore, con l'aggiunta di valutazioni di natura tecnica o estetica. I risultati di queste ricerche sono stati raccolti in vari saggi: Le melodie di Val Mazara (1903), Canti e leggende della Conca d'Oro (1903), Il ritmo nella vita e nell'arte popolare in Sicilia (1904), Canti della terra e del mare di Sicilia (1907), ecc. L'edizione critica di tutti gli scritti di Alberto Favara, Corpus di musiche popolari siciliane (2 voll.), - Il frutto di tutta un'intera esistenza dedicata alla musica popolare per il quale il Favara girò l'intera Sicilia raccogliendo 1090 pezzi tra canti lirici, storie, ninne nanne, repiti, canti di mare, canti religiosi, giuochi, canzoni a ballo, musiche strumentali, abbanniatini, tammuriniati e altri mezzi sonori - è stata curata e pubblicata dal genero, il musicologo Ottavio Tiby, nel 1957.
Quel che più colpisce in questa biografia del Favara è il parallelismo di due interessi apparentemente lontani: la musica etnica e l'educazione musicale; ambedue coinvolti in un graduale passaggio dal sentimento al risentimento, dovuto appunto all'intersezione con un tessuto, un contesto culturale, da aggredire dialetticamente e non sempre con una immediata e positiva resa dei conti.
La fatica di raccogliere la musica etnica siciliana, l'ostinazione filologica di trascriverla e studiarla, le traversie per farla conoscere, l'iter per approdare al Corpus, sono simmetrici all'opposizione etica, illuministica, antiburocratica, per non discriminare i Conservatori di musica, dell'allora nascente stato italiano, in istituti di prima e seconda categoria. Una resa dei conti non sempre chiusa. Ancor oggi, infatti, dopo il Corpus, la cui collocazione sistematica è opera del Tiby, non si può dire che vi siano stati, ad eccezione di qualche studio, ulteriori ed approfonditi controlli musicologici del patrimonio etnico siciliano.
In tal senso, e sempre in questa intersezione con la storia, un sottile camminamento nella vita del Favara sembra essere stato il miraggio di configurarsi nel ruolo di un musicista «nazionale», di una nazione italiana che però non era tale. Ecco perché il confronto con Bartók e Kodaly è inevitabilmente ambiguo. Quanto poi alle sue vicende di compositore (nel cui ambito Urania, in un coetaneo panorama veristico-nazionale, sembra stagliarsi con coscienza critica ma come una utopia ragionevolmente mancata) ed ai comportamenti di quella società umbertina (ed in parte anche della nostra), essi rientrano in quella «normalità» tendente a riscattare l'artista con gratifiche post-mortem.
Tuttavia, a mano a mano che l'orizzonte si allarga, il profilo di Favara va configurandosi di più nei suoi contorni. L'affondare nella musica etnica non è stato forse liberatorio ed alternativo sino alle estreme conseguenze, ma l'odierno esame critico delle sue trascrizioni, delle sue osservazioni, delle sue schede, rende validissimo il suo lavoro di musicista-etnografo. Quanto alle sue idee sull'educazione musicale, esse rientrerebbero nella moderna visione e funzione del «college», che tenda a non ridurre definitivamente i conservatori di musica in discutibili e subalterne scuole di avviamento professionale. A questa vita non può quindi non andare il nostro debito di riconoscenza per aver contrastato ostinatamente una presunta cultura di prima classe in difesa di una cosiddetta cultura di seconda: dilemma che è poi alla base di tanti odierni e sterili pregiudizi. Già ai tempi del Favara questi problemi affioravano in modi acuti e drammatici: anche in tal senso la sua vita può dirsi ricca di significato".
(Diego Carpitella, Prefazione ad Alberto Favara. La vita narrata dalla figlia Teresa Samonà Favara, 1971)
Bibliografia:
1884, esecuzione dell'opera MARCELLINA al Dal Verde di Milano.
1904, esecuzione alla Regia Accademia S.Cecilia dell'ode alla Regina d'Italia.
1918, esecuzione alla Scala di Milano dell'opera URANIA.
1907-1921, pubblicazione del primo e del secondo volume dei CANTI DELLA TERRA e DEL MARE DI SICILIA.
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